Il sogno più grande di Paola Ranieri

Quando ero una bambina avevo molti sogni nel cassetto: diventare una brava insegnante, sposarmi, avere una casa e tanti bambini e tra i tanti sogni c’era anche quello di andare in Africa. Guardavo in televisione le immagini che il telegiornale mandava in onda e dicevo a mia madre “un giorno anche io andrò lì”. Con il tempo poi quel sogno l’avevo chiuso nel cassetto non perché irrealizzabile ma solo perché ogni cosa, ogni scelta ha il suo momento. Quel momento è arrivato quattro anni fa quando per caso ho conosciuto Mascia e la sua “meravigliosa” famiglia, mi hanno cominciato a parlare dell’Africa e dei loro viaggi in quella terra sconosciuta e in quel momento ho cominciato a pensare di nuovo a quel sogno che non avevo mai dimenticato.
Il 31-07-’07 sono partita e dopo un lungo viaggio (aereo, autobus, gip) il 1-08-’07 toccavo con i piedi la terra d’Africa e mi sentivo la persona più felice del mondo.
Per il periodo di permanenza ci appoggiavamo nella missione di Usolanga dove l’associazione Sorrisi nel Mondo ONLUS ha portato a termine, quest’anno, la costruzione di una scuola secondaria. In questa missione ho conosciuto due persone speciali, le missionarie: Maria Ausilia e Maria Antonia, da tutti, chiamata Mintonia. Queste due donne, non più giovanissime, mi hanno affascinato, le osservavo in silenzio durante la giornata e dalla loro bocca non è mai uscito un lamento ma solo una frase, che non smetterò mai di ripetermi nei momenti di difficoltà, “la provvidenza nasce prima del sole”. In quella terra, dove la povertà là fa da padrone, dove l’“ignoranza” pone freno allo sviluppo, dove la malattia cancella le future generazioni, dove manca tutto ciò che per “noi” è vitale, ci sono persone che vivono in semplicità. Ogni giorno, mattina, sera e persino la notte, si dedicano ad ascoltare i problemi della gente che bussa alla porta della missione: c’è un vecchio che non ha scarpe, una donna con figlia e nipote a carico che non ha cibo a sufficienza, c’è una madre con dei gemelli che hanno la malaria e un uomo che deve essere accompagnato ad Iringa per tenere sotto controllo l’AIDS; sembra una processione… e noi scherzosamente dicevamo loro “MariaAusilia, Mintonia, C’è posta per voi”… strano però perchè quello che accade in Africa non è un programma televisivo ma la vita reale. Dedicare tutta la vita agli altri, ad un popolo che ho scoperto orgoglioso e rispettoso delle proprie tradizioni, un popolo che per me ha mille contraddizioni e mille sfaccettature che si sono evidenziate nelle diverse persone che ho conosciuto. Nel preside della scuola secondaria di Usolanga, un uomo che crede nel suo lavoro, che ha cuore il futuro dei suoi alunni tanto da conoscere “quasi” a memoria i loro visi; nei giovani professori della scuola orgogliosi del sistema scolastico in Tanzania, tanto da rispondere alla domanda “Cosa cambieresti nella scuola?”

Niente va bene così com’è” e infine in quelli che hanno “rapito” il mio cuore, gli alunni della scuola, ragazzi e ragazze.
Il primo giorno che siamo arrivati e siamo andati a visitare la scuola, si sono messi in fila e hanno cantato l’inno della Tanzania in nostro onore per ringraziarci e “ringraziarvi” di quello che avevamo fatto per loro. Quei ragazzi in divisa bianca e verde che pur di venire a scuola si alzano all’alba o che rimangono a dormire nel villaggio, in posti impensabili, pur di avere un’opportunità per studiare; i loro visi sempre sorridenti, allegri e pieni di vita come se avessero avuto tutto dalla vita, ti fanno capire che alle volte, ciò che per noi è scontato è, per altri, il bene più prezioso. Adesso che sono tornata in Italia vedo i miei alunni che, nei giorni di pioggia, si fanno accompagnare dai genitori davanti alla porta della scuola e il mio ricordo va nuovamente agli alunni della scuola di Usolanga. Cosa staranno facendo adesso?
In altri giorni siamo andati a visitare l’asilo del villaggio e anche qui una festa, miriadi di bambini che vengono a salutarti. Abbiamo giocato e ballato con loro e avevo l’impressione di essere sempre stata lì. Le nostre visite nei vari villaggi sono continuati ma ogni volta il copione si ripeteva, inizialmente i posti visitati sembravano disabitati, non si vedeva nessuno, poi quasi per magia sbucavamo persone da tutte le parti. Ad attirare l’attenzione di tutti noi erano i bambini, non ho mai visto tanti bambini messi insieme, che corrono, ti sorridono, tendono una mano per avere le caramelle o qualche gioco che gli hai portato. Ho provato più di una volta la sensazione d’impotenza proprio davanti a loro perché se non hai tante caramelle o abbastanza giochi allora è meglio non darle a nessuno e allora pensi in Italia i miei nipoti non solo non hanno un solo gioco ma possono decidere quale scegliere tra un’infinità….Scrivendo mi vengono in mente tanti avvenimenti e tante persone che ho conosciuto, le emozioni che ho provato e la scoperta di essere forte, paziente e attaccata alla mia famiglia e ai miei affetti. Vale la pena almeno una volta nella vita fare questo viaggio; un viaggio per conoscere una terra affascinante o come disse una sera il “Migliorati” un viaggio per cercare qualcosa dentro noi stessi.
Quando chiudo gli occhi vedo ancora distese di terra rossa, baobab che si stagliano nel panorama, bimbi che ridono e corrono, donne che trasportano sulla testa ceste di frumento, tramonti rossi e cieli stellati e quel silenzio, oramai impossibile trovare nelle nostre città, che ti riporta indietro nel tempo, in un tempo che non esiste più: questa è la mia Africa.